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La prima cosa che abbiamo fatto alla Tenuta della Cascinassa, appena capito che il progetto stava prendendo forma, è stata di piantare delle barbatelle così che le loro radici iniziassero ad ambientarsi mentre tutto in intorno la tenuta prendeva forma.
Era l’inizio del 2020 e da allora abbiamo impiantato altri vigneti per un totale di 11 ettari di vigna coltivati che aumenteranno nei prossimi anni.
Inoltre, alcuni vigneti sono coltivati grazie alla trazione animale. Portare il cavallo in vigna è un lavoro faticoso, ma permette di preservare l’attività microbiologica del terreno, di dargli ossigeno.
La qualità di un vino dipende da diversi fattori tra i quali rientra, senza dubbio, la salubrità del suolo nel quale la vite cresce.
Il ritorno a lavorazioni tradizionali del suolo di questo tipo ci permette sia di curare la qualità delle nostre uve nel rispetto dall’ambiente che ci ospita sia di portare avanti la nostra volontà di realizzare un’azienda agricola sostenibile.
Il Timorasso è un’uva antica, legata ai Colli Tortonesi da sempre. È un vitigno attualmente autorizzato in provincia di Asti e Alessandria e, provvisoriamente, in provincia di Cuneo. La produttività non è costante, tuttavia la pianta è abbastanza resistente alle avversità climatiche così come alle malattie. Del Timorasso si hanno notizie già dalla prima enciclopedia agraria redatta nel XIV secolo dall’agronomo bolognese Pier de’ Crescenzi. Nel corso dei secoli fu talmente apprezzato da divenire il più importante vitigno a bacca bianca piemontese relativamente alla superficie e alle quantità prodotte. Il dramma arriva con la fillossera. In seguito a una tale devastazione, il Timorasso inizia a essere escluso dalla ricostruzione dei vigneti, perché non garantisce produzioni abbondanti per ettaro. Segue un vero e proprio oblio nel periodo successivo al 1945. Lo spostamento dell’attenzione del mercato verso i vini rossi, con il boom economico del dopoguerra e lo spopolamento delle zone agricole più difficili, portano a un declino della superficie coltivata che prosegue fino agli anni 80, quando viene riscoperta l’antica tradizione di questo vitigno.
Il primo a darci notizie del Barbera fu Jullien nell’opera Topographie de tour le vignobles connus del 1822. Anche se il nome Barberba viene riportato in maniera errata: «nell’area di Casale sono note le uve di barbara e bonarda». Il Gallesio nella sua imponente opera Pomona Italiana (1817-1839) menziona il vitigno Barbera (Vitis vinifera Montisferratensis). Dal documento della Regione Piemonte che ha titolo Vitigni del Piemonte pare che la varietà non sia un’esclusiva della regione subalpina, ma potremmo dire che è il territorio in cui si esprime meglio. Il colore che dona al vino può essere rosso violetto o rosso rubino con riflessi violacei. Al naso si percepisce un carattere floreale e uno speziato, possono sentirsi anche frutti tipo bacche, more, ciliegia, prugna essiccata e caramello, confettura o avere sentori erbacei. In bocca il vino è fresco, più o meno strutturato, a seconda dell’affinamento, morbido e dalla tannicità mai esasperata.
Il Pinot Nero è un’uva originaria della Borgogna che si è diffusa in tutto il mondo, infatti, si parla di vitigno internazionale. È un’uva dalla maturazione precoce e complessa. In luoghi troppo caldi matura troppo in fretta e non sviluppa appieno gli aromi che le sue bucce, piuttosto sottili, possono sprigionare. Con Chardonnay e Pinot Meunier è usato per lo Champagne. I sentori che dona al vino sono ciliegia, lampone, violetta, cacciagione. Il colore del Pinot Noir vinificato è rosso rubino chiaro o medio.